TALASSEMIA MAJOR (O morbo di Cooley), è la più grave delle forme di talassemia e i soggetti affetti risultano omozigoti per il gene che porta il difetto: questi bambini hanno ricevuto sia dalla madre sia dal padre l’anomalia talassemica. L’esame biochimico dell’emoglobina evidenzia in ambedue i genitori le alterazioni della composizione dell’emoglobina, cioè ambedue sono talassemici eterozigoti.
Sintomi
I sintomi compaiono già nei primi mesi di vita. La malattia si osserva quasi esclusivamente nell’età infantile: i primi segni, però, non sono presenti alla nascita, ma compaiono lentamente e in modo quasi inavvertito entro i primi due o tre anni. Un indefinibile senso di malessere e modesti rialzi termici improvvisi oppure associati a lievi episodi influenzali o a disturbi della dentizione, aprono spesso, in modo del tutto anonimo, il quadro clinico. Abbastanza precocemente, tuttavia, i genitori notano che il bambino si fa sempre più pallido (a causa dell’anemia lentamente ingravescente) e che sulla pelle compare una sfumatura giallognola, come se avesse l’itterizia inoltre egli mangia poco volentieri e cresce con una certa difficoltà. A questo punto un’accurata osservazione permette al medico di rilevare, oltre al colorito giallognolo della cute, altri segni clinici:- la splenomegalia la milza infatti, forse per l’eccessivo lavoro di distruzione dei globuli rossi alterati cui è sottoposta, aumenta di volume e può raggiungere dimensioni veramente enormi – il fegato è ingrandito – l’addome, per la presenza dei due organi tumefatti, appare globoso e sporgente, in netto contrasto con le membra piccole e gracili – particolare è pure la fisionomia orientaloide dei piccoli talassemici, dovuta alle lesioni ossee e alle alterazioni della struttura scheletrica.Queste ultime a loro volta dipendono dal fatto che il midollo osseo, deputato alla formazione delle cellule del sangue, produce eritrociti a ritmo accelerato, nel tentativo di compensarne la distruzione, e quindi aumenta notevolmente di volume: ciò produce allargamento dei canali midollari delle ossa il cui strato corticale contemporaneamente si riduce. Tale fisionomia, che l’occhio esperto spesso coglie già nel neonato, diventa sempre più evidente col progredire nel tempo della malattia ed è caratterizzata dal cranio piuttosto grande, di forma approssimativamente quadrangolare, dal naso all’insù con le ali allargate e la radice infossata, dagli zigomi prominenti e dagli occhi a mandorla, dovuto all’ispessimento delle ossa del massiccio facciale. In ogni caso, nei talassemici precocemente e costantemente trattati con adeguata terapia trasfusionale questi segni fisionomici sono assenti.Più tardivamente, se non è attuata una adeguata terapia con chelanti del ferro, si manifestano complicazioni a carico del cuore, del fegato, del pancreas, dovute all’accumulo di ferro in questi organi (per aumento dell’assorbimento intestinale di questo metallo in conseguenza delle continue trasfusioni che si rendono necessarie). In passato la malattia aveva un decorso grave e progressivo, che non consentiva in genere il raggiungimento dell’età adulta. Gravi complicazioni erano create nei talassemici anche dalle difficoltà di ottenere il sangue compatibile per le frequenti isoimmunizzazioni da antigeni introdotti con le continue trasusfusioni e dall’epatite B, C (e HIV) trasmesse con sangue non sufficientemente controllato. Oggi la situazione è notevolmente cambiata.I controlli obbligatoriamente svolti sul sangue raccolto, i progressi compiuti dalla terapia trasfusionale, dalla chelazione del ferro e dalle possibilità del trapianto consentono ora a molti talassemici ben curati, pur con le difficoltà dipendenti dalla necessità di seguire con costanza un pesante regime terapeutico, di avere una vita quasi regolare, ed anche di sposarsi ed avere figli non ammalati (anche se portatori del gene).
Diagnosi
Le radiografie dello scheletro nei talassemici non trattati evidenziano chiaramente la rarefazione del tessuto osseo del bacino e degli arti e il tipico aspetto a “peli di spazzola” della teca cranica.
D’importanza decisiva ai fini diagnostici è il quadro ematologico, caratterizzato da spiccata anemia. I globuli rossi non superano in genere i 3 milioni per mmc di sangue, ma l’elemento più importante è la riduzione della quantità di emoglobina circolante, che raggiunge valori anche inferiori ai 4 g/dl, vale a dire una quantità notevolmente inferiore a quella normale. Esaminando al microscopio una goccia di sangue strisciata su vetrino, si nota subito che i globuli rossi sono piccoli, con strane forme a pera, a virgola, a racchetta, ad anello, a biscotto, a bersaglio e quasi trasparenti per lo scarso contenuto di emoglobina. Conseguenza della grave emolisi sono il costante aumento nel siero del ferro e della bilirubina, entrambi derivati dalla distruzione a cui va incontro la molecola dell’emoglobina quando fuoriesce dal globulo rosso. L’esame decisivo ai fini diagnostici è l’elettroforesi o la cromatografia dell’emoglobina: notevole aumento della emoglobina fetale (emoglobina F) e aumento della emoglobina A2 (sempre superiore, salvo in rari casi, al massimo normale di 3,5%).
Terapia
La terapia del morbo di Cooley è imperniata da un lato sulla trasfusione di globuli rossi e dall’altro sulla terapia chelante del ferro. Le trasfusioni di concentrati di globuli rossi, praticate con regolarità, in modo da mantenere costante un tasso di emoglobina di almeno 10 g/dl, hanno lo scopo di ridurre l’eccessiva produzione di globuli rossi da parte del midollo, la quale è intesa a compensare l’anemia ma comporta lesioni ossee con quelle spiccate deformazioni di cui la più manifesta è la facies orientaloide. Nei bambini è spesso praticato un regime ipertrasfusionale in modo da mantenere un tasso di emoglobina superiore ai 12 g/dl, riducendo in tal modo l’attività midollare nella produzione di emoglobina anomala. I talassemici regolarmente trasfusi sin dal primo anno di vita hanno fisionomia normale. Però dal sangue trasfuso si libera ferro il quale si deposita in quantità nei tessuti dove provoca lesioni: nel pancreas determinando diabete, nel cuore, sino a provocare scompenso, nelle ghiandole endocrine con turbe dello sviluppo puberale, nel fegato ecc. si realizza cioè il quadro definito emocromatosi. Quindi, inderogabile indicazione a favorire l’eliminazione maggiore possibile di ferro, l’uso dei chelanti orali (farmaci da assumere per bocca giornalmente). I due chelanti orali oggi disponibili sono il deferiprone (Ferriprox) e il deferasirox (Exjade). In alternativa, l’uso del chelante deferoxamina (Desferal) da assumere per via sottocutanea con un apparecchio a pompa, per 8-12 ore, durante il sonno, e che infonde in modo lento il farmaco. Con l’uso dei chelanti le urine diventano molto scure per l’elevato contenuto di metallo. Nei casi nei quali il bambino si anemizza malgrado regolare terapia trasfusionale è indicata l’asportazione della milza e la conseguente vaccinazione anti-pneunococcica per evitare la facilità a sepsi fulminanti, specie da pneumococco. Il malato di Cooley è costretto a dette terapie per tutta la vita. Oggi, tuttavia, al malato che abbia un fratello (o sorella) perfettamente isto-compatibile, è stata aperta la strada del trapianto di midollo osseo. La strada da percorrere, già raccomandata da anni, è la prevenzione: estesa ricerca del deficit talassemico (basta l’elettro-foresi dell’emoglobina con un prelievo di sangue perifierico), specie nelle zone notoriamente più colpite, in modo che i giovani che ne risultino portatori siano informati del rischio di avere prole con Cooley e quindi esame del feto all’inizio della gravidanza.
Cura definitiva
Oggi sono in fase avanzato di sperimentazione (Fase II) studi sull’uomo di terapia genica, che prevedono la correzione attraverso la trasfezione (trasferimento), con l’uso di vettori virali, del gene corretto costruito in laboratorio. La terapia genica mira a correggere il difetto genetico del DNA e indurre così le cellule staminale emopoietiche a produrre globuli rossi normali con emoglobina. In atto diversi gruppi di ricerca hanno avviato la sperimentazione sull’uomo e i primi risultati sembrano promettenti, ma la strada appare ancora lunga.